Alcuni la celebrano come la Regina di Ferrara; altri, invece, come il punto d’incontro tra antiche tradizioni contadine e il gusto sofisticato della nobiltà; qualcuno addirittura vanta di custodirne l’antica ricetta segreta. Stiamo parlando della salama da sugo, uno degli insaccati tipici della città estense, così apprezzati in tutta Italia tanto che, nel 2014, le è stato conferito il riconoscimento IGP per il suo stretto legame con il territorio e la sua gente.
Ed è lo stesso innegabile legame a unire la salama da sugo al pane ferrarese: un matrimonio perfetto che sa conquistare anche il palato più reticente.
Ma cosa sappiamo davvero sulle origini antichissime di questo prodotto così peculiare?
Storia di un insaccato IGP
La salama da sugo è una vera e propria passione che delizia abitanti, turisti e avventori casuali della città di Ferrara da ormai oltre cinquecento anni e lo fa soprattutto grazie all’allevamento del busgatt (ovvero il maiale in dialetto). Un animale che prospera nelle campagne grazie anche ad una fitta rete di canali, che conferisce alla provincia un microclima unico, eccezionalmente umido, e quindi ottimo per la stagionatura degli insaccati.
Nonostante questo evidente legame della Salama con il mondo contadino è nella nobilità che trova la sua più alta diffusione. La leggenda vuole che sia stata Lucrezia Borgia, consorte di Alfonso d’Este, a porre la salamina al centro dei convivi tipici del Rinascimento. A tavola, mirabilia eccentrica e saporita, doveva attirare l’attenzione come solo le opere dei grandi artisti sanno fare. Non a caso Lorenzo il Magnifico gradì tantissimo riceverla in dono dal duca Ercole I d’Este.
La ricetta tradizionale della Salama da sugo
La Salama da Sugo nasce da diversi tagli di carne di suino tritati ed insaccati nella vescica ed insaporiti con sale, pepe nero, noce moscata, cannella chiodi di garofano vino rosso, arricchito talvolta dall’aggiunta di rhum, il tutto secondo dosi e proporzioni che sono l’ “incognita” segreta di ogni produttore ferrarese.
La stagionatura è mediamente di 8/12 mesi, trascorsi i quali l’insaccato forma un leggero strato di muffa all’esterno che verrà asportato prima della cottura. E’ qui che risiede la vera magia: la maturazione delle carni, unite agli aromi, danno vita a un prodotto davvero unico dal cuore morbido, dal quale sgorga un sugo dal sapore deciso ma dolce allo stesso tempo.
La cottura, il vero ingrediente segreto della Salama
E se ogni produttore dichiara di essere a conoscenza della ricetta originale e super segreta della Salama da Sugo, ciò che invece è noto a tutti è il vero segreto del successo di questo insaccato: la cottura, fatta di procedure minuziose e lente da seguire alla lettera. Prima di tutto la Salama va immersa in acqua tiepida in modo da ammorbidire le incrostazioni esterne che vanno poi delicatamente rimosse.
L'insaccato così preparato va poi immerso, meglio se avvolto in un telo fine o in un apposito sacchetto di plastica da cottura, in una pentola piena d’acqua. L’acqua della pentola va poi portata ad ebollizione a fuoco lento per oltre quattro ore, rabboccando quando è necessario, ma prestando sempre attenzione a non perdere il bollore.
È inoltre fondamentale che la vescica in cui è contenuta la Salama non si rompa perché, altrimenti, il sughetto contenuto al suo interno, elemento che caratterizza in tutto e per tutto questo insaccato, si disperderebbe immediatamente. Una volta cotta la si libera dallo spago e la si incide all’apice, ricavando così un’apertura che permetta di raccogliere con il cucchiaio il morbido impasto che si trova al suo interno.
Salama da sugo e pane ferrarese
L’ideale per gustarla al meglio è presentarla in tavola caldissima, magari accompagnata da un contorno dal sapore delicato che riesca a contrastare il suo gusto dirompente. Alcuni suggeriscono un vellutato purè di patate, altri invece preferiscono servirla come antipasto abbinata con fresche marmellate di verdure.Certo è che la salama da sugo trova la sua combinazione perfetta con il pane, meglio ancora se con quello ferrarese, come la coppia. È con l’incontro con il pane che il suo gusto si esalta e il suo cuore “liquido” esplode in un’apoteosi di piacere culinario.