Il pane ferrarese, lo sappiamo bene, non è di certo “monogamo”. Per sua natura è incline a sposare diversi accostamenti e piatti, da quelli più vicini alla tradizione, fino a quelli più strutturati e complessi della cucina contemporanea. Vi abbiamo, infatti, già parlato dei suoi aperitivi con gli affettati, o delle sue cene galanti in compagnia della salama da sugo, e anche delle sue escursioni notturne per il classico spuntino di mezzanotte con il Salame Zia. Gli accoppiamenti possibili con il pane ferrarese sono davvero numerosi, ma noi amanti e cultori della tradizione gastronomica locale vogliamo suggerirvi una combinazione che fa ingolosire tutti i palati, anche quelli più scontrosi. Stiamo parlando del matrimonio in seconde nozze del pane ferrarese con la bondiola: un insaccato tipico ottenuto con carne di maiale.
Nata per sfruttare gli avanzi del budello utilizzato per altri insaccati, la bondiola appartiene da secoli alla tradizione alimentare ferrarese e di alcune province venete, dove si rispetta il medesimo procedimento tramandato da generazione in generazione.
Bondiola: una storia che si intreccia con le tradizioni contadine
È chiaro, quindi, che le origini di questo insaccato unico nel suo genere, vanno ricercate nelle antiche tradizioni contadine, quando l’amore per la terra e il duro lavoro spingeva a sfruttare tutti i frutti, sia vegetali che animali. Da questo principio nasce la bondiola. Per la sua preparazione si utilizza un impasto formato da determinati tagli di carne di maiale, che oggi sono definiti quinto quarto e da qualcuno considerati meno nobili, come cotica, parti muscolari più dure come le orecchie, frammenti di tendini e lingua, eventualmente arricchite con il lardo dell’animale. L’impasto così ottenuto viene aromatizzato con vino rosso, aglio, sale, pepe, cannella e chiodi di garofano, e cotto per circa 2 ore, e successivamente insaccato in una vescica di maiale o vitello in cui farlo stagionare. Per la bondiola era caratteristico usare il budello cieco della cavità appendicolare del maiale. A volte anche in ritagli di budello di vacca. Questo accorgimento aveva lo scopo di prolungare la conservazione dell’insaccato, di modo che le bondiole possono essere consumate successivamente ai cotechini, fino a primavera, tradizionalmente 40 giorni dopo l’avvento della Pasqua.
I segreti della ricetta tradizionale
Come avrai già intuito intorno alla preparazione della bondiola si celano tanti piccoli accorgimenti tipici della tradizione, che vanno osservati quasi ossequiosamente. Primo fra tutti l’utilizzo della lingua di maiale, sia intera inserita nel cuore dell’insaccato, sia a pezzi mischiata con l'impasto dopo una breve salmistratura. Inoltre, di grande valenza anche l’antica usanza di portare in tavola la «bondola col lengual» nel giorno dell’Ascensione, festività che cade per lo più in maggio. È quello che gli antropologi definiscono rituale apotropaico, affidando al consumo della lingua di maiale il valore di scongiuro contro i morsi dei serpenti, animali a lingua bifida, che proprio in questo periodo dell’anno tornano a mostrarsi nei campi. È a questa tradizione, che si ispira l’odierna Sagra della Bondola, in calendario a Poggio Renatico. Ma il vero segreto di questo insaccato che, con il suo sapore deciso, fa innamorare il pane ferrarese stringendolo in un legame indissolubile, è il procedimento della cottura: sistemata in un sacco di tela e fissata a un legnetto, la bondiola non deve mai toccare i bordi del recipiente in cui bollirà per non meno di quattro ore.
Bondiola e pane ferrarese
Una volta cotta, l’ideale per gustarla al meglio è presentarla in tavola caldissima, magari accompagnata da un contorno dal sapore delicato che riesca a contrastare il suo gusto dirompente. Alcuni suggeriscono un vellutato purè di patate, altri invece preferiscono servirla come antipasto abbinata con fresche marmellate di verdure.
Certo è che la bondiola trova la sua combinazione perfetta con il pane, meglio ancora se con quello ferrarese, come la coppia. È con l’incontro con il pane che il suo gusto si esalta esplodendo in un’apoteosi di piacere culinario.